Nel libro molti passaggi sulla «staffetta» tra premier. E Renzi bacchetta Letta per lo scarso fair play dimostrato dopo il passaggio di consegne: «Entrò in modalità broncio»
La staffetta del febbraio 2014 con Enrico Letta al governo del Paese non fu «un’oscura manovra di palazzo». Parola di Matteo Renzi. Nel libro «Avanti», che oggi viene presentato dall’autore, l’ex premier smentisce cronisti politici e commentatori e racconta la sua versione.
L’invito di Speranza
Il primo a suggerirgli di sostituire Letta alla guida dell’esecutivo in virtù della vittoria alle primarie sarebbe stato Roberto Speranza, allora capogruppo del Pd, con queste parole: «Matteo, così non andiamo da nessuna parte. Rilancia tu il Paese, andando a governare». Nessun «golpe» dunque, ma la decisione di un cambio di passo nata in seno al Pd, in accordo con la minoranza bersaniana.
Letta come Civati
Nell’interpretazione di Renzi, Letta non fu usurpato del potere, in quanto nel 2013 non era approdato al governo grazie a una investitura popolare. E qui un altro colpetto basso: «L’unica volta in cui Enrico si era candidato alle primarie, nel 2007, aveva raccolto la miseria dell’11 per cento di voti… Più o meno la stessa percentuale di Civati qualche anno più tardi». Insomma, se il Pd decise «semplicemente di cambiare cavallo» fu perché «quel governo non si muoveva» e non invece, come rivelato dalle cronache di quei giorni, perché i renziani avessero ordito complotti segreti: «L’idea che si sia trattato di una coltellata alle spalle è una fake news, alimentata da un nutrito club di editorialisti monotoni».
Il rito della campanella
Ce n’è per la stampa e ce n’è, con sarcasmo, per il suo predecessore a Palazzo Chigi, il quale una volta defenestrato «entrò nella modalità broncio» e cominciò, scrive ancora Renzi, a fare la parte della vittima:«Ci sono intere carriere che vengono costruite sul vittimismo anziché sui risultati». Renzi rimprovera a Letta uno scarso fair play nel rituale passaggio della campanella e lo bacchetta per non aver sfoderato quel giorno il suo sorriso migliore, come a suo giudizio fecero, «pur detestandosi cordialmente» persino Prodi e Berlusconi.
«Enrico stai sereno»
Il resto dell’inchiostro è speso per provare a cancellare dagli archivi l’infelice esortazione «Enrico stai sereno», smentita dalla storia recente. Renzi assicura che quella frase, in tv da Daria Bignardi, lui la pronunciò con «un sorriso pacifico» e in modo del tutto sincero: «L’idea che Stai sereno sia una fregatura mi ferisce… Semplicemente perché non è vero». Poi la telefonata di Napolitano dal Quirinale, l’incarico e via con i «mille giorni» al governo. Chissà se Letta sta leggendo queste pagine e se avrà voglia di replicare a Renzi. (Corriere)