{mosimage}Volevano colpire due sinagoghe nel Bronx, a New York, con bombe al plastico e abbattere un aereo militare
WASHINGTON – Quattro presunti terroristi fai-da-te sono caduti nella trappola dell’agente provocatore. Volevano colpire due sinagoghe nel Bronx, a New York, con bombe al plastico e abbattere un aereo militare usando un missile portatile Stinger. Solo che le loro armi erano inerti: le avevano ricevute da un infiltrato dell’Fbi. E i quattro sono stati arrestati. L’inchiesta – secondo quanto comunicato dalle autorità – è iniziata un anno fa quando un informatore, che lavora da sei anni con l’Fbi, avverte i federali: ci sono quattro persone che frequentano la moschea di Newburg – 60 miglia a nord di New York – che vogliono dell’esplosivo. Esprimono rabbia per la presenza dei soldati Usa in Afghanistan e parlano di fare «qualcosa in America».
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CELLULA SPONTANEA – I sospetti sono tutti cittadini afro-americani. Il presunto capo si chiama James Cromitie, ha precedenti penali e sostiene di essere legato al gruppo jihadista Jaish Mohammed, attivo in Pakistan. I suoi complici sono ex detenuti convertiti all’Islam: tra loro anche la moglie di Cromitie. La talpa dell’Fbi registra le conversazioni e il 6 maggio accompagna gli estremisti a ritirare quello che ritengono sia un piccolo arsenale. Esplosivo al plastico C 4 (tipo militare) e un lanciatore anti-aereo Stinger, un’arma che può essere usata da un solo uomo ed è facilmente trasportabile. I militanti controllano ma non si accorgono che si tratta di materiale inerte fornito dall’Fbi. Anzi, esultano perché sono convinti che il momento dell’attacco sia vicino. Mercoledì sera raggiungono la sinagoga di Riverdale e piazzano una carica sotto una vettura. Pochi istanti dopo sono in manette: l’Fbi seguiva passo dopo passo le loro mosse e li ha catturati con le mani nel sacco. Per gli investigatori il quartetto sarebbe il classico esempio di cellula spontanea. Militanti cresciuti o nati in Occidente si armano, si addestrano e cercano i bersagli in modo autonomo. Internet, cd rom e video rappresentano gli strumenti utili all’indottrinamento. Non sono troppo sofisticati – e in questo caso sono apparsi abbastanza sprovveduti – ma hanno la determinazione nell’agire. Spesso scoprono la militanza in carcere e da criminali si trasformano in terroristi. I loro compagni di cella possono diventare i membri di un gruppo eversivo. «Ribollivano di rabbia e cercavano di acquisire le capacità per attaccare. Certamente non erano Al Qaeda», è stato il commento di un funzionario. Per altro lo schema delle indagini ricorda operazioni simili lanciate dall’antiterrorismo statunitense: per incastrare i sospetti è necessaria la presenza di un agente provocatore che a volte asseconda i piani dei criminali e in altre offre loro le armi. Un metodo che ha suscitato perplessità e riserve.
Fonte: www.corriere.it
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