{mosimage}Il capo dello Stato ricorderà il 25 aprile a Mignano Montelungo, vicino Cassino dove ci fu la prima battaglia dell'Esercito italiano dopo l'8 settembre
COAZZE (TORINO) – Celebrare il 25 aprile ricordando con la dovuta attenzione il contributo di tutte le componenti che parteciparono alla lotta di liberazione nazionale "senza svalutare e diffamare, come purtroppo è accaduto e ancora accade l'esperienza partigiana il cui contributo, piaccia o non piaccia, fu determinante per restituire dignità, indipendenza e libertà all'Italia". E' l'appello lanciato dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in occasione della visita all'Ossario di Forno di Coazze dove sono sepolti 100 dei 300 partigiani morti in Val Sangone. Tra loro anche cechi, slovacchi, francesi, inglesi e americani.
La Resistenza, ha sottolineato Napolitano, fu un fenomeno che abbracciò tutta la nazione. Ci fu quella dei partigiani, quella dei militari e quella del popolo. Quindi è "importante che quest'anno il 25 aprile sia celebrato in qualsiasi modo e in qualsiasi luogo" ricordando "l'una o l'altra delle componenti della Resistenza. L'importante è che ci unisca la consapevolezza e lo stesso impegno per conservare i valori della Resistenza che si sono tradotti nella Costituzione repubblicana" e che fu ''una straordinaria prova di riscatto civile e patriottico del popolo italiano e perciò non può appartenere a una sola parte della nazione''.
"Fu decisiva in questa lotta l'eroismo delle formazioni partigiane – ha detto Napolitano – ma anche la componente popolare rappresentata dalle sofferenze e dalle atrocità inflitte alle popolazioni civili" che comunque si distinsero per la loro "solidarietà attiva" con il movimento partigiano. "Non fu di minore importanza la componente militare" con i soldati che "non si piegarono" ma combatterono "eroicamente e si unirono alle formazioni partigiane".
Napolitano ricorderà il 25 aprile partecipando alle celebrazioni a Mignano Montelungo, presso Cassino, per ricordare la prima battaglia che vide combattere il rinato Esercito italiano dopo l'8 settembre e "l'odissea dei 600mila militari italiani internati in Germania che respinsero ogni lusinga rifiutando l'adesione al regime repubblichino". Militari che, in altri casi "si unirono alle formazioni partigiane" oppure, a Cefalonia come altrove, combatterono a viso aperto contro i nazisti. Oggi, ha aggiunto, "occorre dare peso a questa unitarietà".
Fonte: www.repubblica.it